giovedì 16 maggio 2013

Nasce un nuovo network dedicato alla sostenibilità


Change up! è stato alla terza edizione del Green Retail Forum che si è svolto mercoledì 15 maggio all’East End Studios di Milano, con la curiosità di saperne di più sulla nascita di un nuovo network dedicato alla sostenibilità: Green Retail Network. Partendo dal flusso di comunicazione, interazione e movimento che registra il  web 2.0, PlanetLife Economy Foundation (Plef) ha deciso di far confluire una parte di questo movimento sui temi della sostenibilità, creando un social per tutti i portatori di interessi che ruotano attorno al green retail. Chi vi accederà potrà condividere con la community i propri progetti, in qualsiasi fase essi siano (elaborazione, start up, avanzati, definiti) e gettare quindi un seme perché l’idea prenda forma oppure cresca, si sviluppi, evolva grazie all’interazione on e off line che si verrà a creare. Un progetto condiviso è idealmente di tutti e la sua identità potrebbe infatti modularsi grazie anche ai nuovi apporti della community. Obiettivo di Plef è quello di realizzare una coerenza sistemica, facilitare l’accessibilità e fruibilità ai temi green, agevolare un accesso sostenibile ai beni di consumo. In definitiva, sostenere la nascita del nuovo paradigma economico che la Fondazione promuove (la planomia). Sulla piattaforma web potranno convivere e dialogare istituzioni, enti, associazioni, insegne del retail, fornitori, consumatori. Il camp seguito alla presentazione del nuovo social ha confermato l’interesse da parte degli attori in campo: hanno dichiarato di ritrovarsi e riconoscersi nel progetto di Plef  M. Bordoli (CRAI), M. Gasbarrino (UNES), G. Bancher (e-co.Store Fase), R. Giordano (IKEA Italia), A. Tamburini (Coop. AEQUOS), V. Sevino (AMAT), P. Barzoni (PLAM), E. Burgin (AGENDA 21), P. Arnell (I BARTER), N. Corona (Legambiente). A tutti è stata chiesta la collocazione in tema di “verde”, ossia se si reputano “verdi” (incentrati su una visione di sostenibilità come risparmio), “più verdi” (se spinti da motivazioni etiche e culturali), “verdissimi” (se la loro mission è di innovare il sistema di consumo e il modello economico). Risultato: tutti verdi, ça va sans dire, e solo alcuni verdissimi ma con la consapevolezza di dover andare oltre, perché è evidente per tutti la necessità di avere una visione lungimirante che porti a un reale cambiamento. Tutti concordi, di conseguenza, nel vedere l’utilità di un social dedicato alla sostenibilità, che possa accelerare le connessioni e le opportunità per una sostenibilità a tutto tondo: economica, sociale, ambientale. Fra i progetti,  quello presentato dall’architetto Giacomo Bancher si colloca in modo trasversale nelle tre categorie, poiché partendo da necessità di ordine economico dettate dalla volontà di rilanciare un territorio, si muove per incentivare una cultura di cambiamento fra i vari shareholders, primo fra tutti il territorio stesso. e-co.Store Fase, questo il nome del progetto, sarà uno showroom in sharing per 600 aziende selezionate della sostenibilità con una forte vocazione educational imprescindibile dal profit. Un progetto del genere è naturale che si riconosca nelle modalità di comunicazione social, in quanto già per sua natura “sistema aggregativo”. Così Bancher: “Sul territorio (provincia di Bergamo, ndr) già operano realtà orientate alla sostenibilità, ma lo fanno a livello individuale e quindi con poca visibilità e poca incidenza. Fare sistema diventa imprescindibile per poter attuare un cambiamento di paradigma ed e-co.Store Fase, che recupera una realtà industriale, è un marker territoriale che si fa nuovo motore per la sostenibilità del fare impresa, in cui lavoro e cultura si integrano e si sostengono. Per passare dal marketing di prodotto al marketing di sistema e motivare le persone”. La sostenibilità è anche fare rete, ma ben oltre ai "mi piace". Non c'è che augurarsi che un social così specifico come Green Retail Network diventi uno strumento concreto per progetti ambiziosi - in termini di sostenibilità - come e-co.Store.
Livia Negri

Italia go green, le competenze ci sono

Si è svolto ieri al Centro Svizzero di Milano il terzo
appuntamento con l’European Annual Meeting, il Workshop organizzato dalla Fondazione Istud dal titolo L’Umanesimo Verde. Go-green 3.0 E’ la scienza dei contadini? Molti gli argomenti trattati per fare il punto sull’andamento della green economy nel nostro Paese: edilizia sostenibile, rinnovabili, smart cities, raccolta e smaltimento rifiuti, utilizzo dell’acqua e imbottigliamento, chimica verde e biomasse.


Tutti concordi i relatori presenti, esponenti dell’imprenditoria, moderati da Federico Luperini di Adnkronos, sulle principali difficoltà che si trovano quotidianamente ad affrontare, ovvero l’eccesso di burocrazia e i rapporti con le istituzioni.
E se le smart cities in Italia rappresentano una grande opportunità per un deciso orientamento verso lo sviluppo e una migliore qualità della vita, come ha spiegato Barbara Freni, Amministratore delegato di ABB S.p.A., Andrea Poggio, Vicedirettore di Legambiente, ha ribadito la necessità di ottenere un patto per le città, quindi un’attivazione competente ed efficace da parte delle istituzioni. Gli imprenditori, come spesso succede, sono più avanti rispetto alle istituzioni. Una concreta opportunità è quella dell’internazionalizzazione per valorizzare all’estero un nuovo made in Italy che sappia abbinare ai valori tradizionali la sostenibilità, secondo Giovanni Roncucci, Presidente di Roncucci&Partners Group.
Claudio Moscardini di Gas&Power Sorgenia ha spiegato che nella rete esistono degli ostacoli, sempre dovuti a intralci burocratici, che ostacolano la diffusione dell’energia rinnovabile. Concetto rafforzato da Alessandro Marangoni, Amministratore delegato di Althesys, che ha spiegato come la burocrazia penalizzi le rinnovabili che pur restano un settore trainante della green economy. La crescita stop & go in Italia e non solo, ne ha rallentato lo sviluppo, anche se nel 2013 il fotovoltaico è cresciuto del 3,4% (quasi il doppio rispetto al 2012). Il costo degli incentivi ha pesato in modo eccessivo sulla bolletta dei cittadini, costi che si sarebbero potuti contenere con una strategia e pianificazione più intelligente e sul lungo periodo.
I limiti del sistema Italia sono stati sottolineati anche da Stefano Buccilli, Amministratore delegato di Velux Italia S.p.A., che ha raccontato lì’impegno del Gruppo nella ricerca e sviluppo in collaborazione con le Università e, fra cui il Best del Politecnico di Milano, il governo danese. Nonostante gli ostacoli, sostiene Buccilli, le aziende devono fornire esempi concreti per raggiungere l’obiettivo della sostenibilità. Velux ha realizzato prototipi di case a risparmio energetico e di suolo, ambienti confortevoli e termoregolati. In pochi anni grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie si sono raggiunti grandi risultati che portano ad abbattere i costi e i tempi di costruzione limitando anche gli intralci burocratici.
E su tempi e costi nell’edilizia sostenibile è intervenuto anche l’architetto Fabio Cova che realizza case in paglia, ovvero utilizza mattoni di paglia derivata dagli scarti della lavorazione dei cereali, materiale solido, flessibile, ecologico. La paglia è inserita nelle murature perimetrali e offre una coibentazione sicura che permette di ridurre l’utilizzo di riscaldamento e aria condizionata. I costi si abbattono rispetto all’utilizzo dei mattoni e anche i tempi di costruzione. L’intonaco è in terra cruda facilmente reperibile a km 0 e si può utilizzare anche per i pavimenti con un trattamento al lino che li rende simili alla resina.
3M sta puntando su una tecnologia per ripristinare la rete idrica e limitare gli enormi sprechi di acqua dalle tubature. Si tratta di una pellicola innovativa, come ha spiegato Davide Panciera di 3M Italia, che limita gli scavi per raggiungere i tubi e una volta effettuato l’intervento, il tubo ha una durata di almeno 50 anni. Si tratta di una resina che si spruzza nel tubo e si solidifica creando una pellicola composta da 140 strati.
E restando in tema di acqua Alberto Bertone, Presidente di Sant’Anna, ha raccontato le difficoltà nella distribuzione dell’acqua imbottigliata nelle “bio bottle” realizzate con scarti di zuccheri vegetali. Nonostante tutto l’azienda persegue la strada intrapresa verso la sostenibilità.
Dario Giordano, direttore della ricerca del Gruppo Mossi&Ghisolfi crede fermamente che il futuro sia nelle biomasse derivate da rifiuti o da coltivazioni marginali non destinate all’alimentazione. La tecnologia italiana in questo campo è fra le più innovative.
Infine per ridurre i rifiuti è necessario fare prevenzione ma soprattutto progettare bene, ha spiegato Roberto Cavallo, Presidente di Cooperica. Il ruolo dell’eco-design è fondamentale per progettare prodotti e packaging intelligenti in un ottica di cradle to cradle. E scopriamo che in Italia l’industria del riciclo è performante grazie alla capacità dei nostri imprenditori e dei nostri ricercatori.
Silvia Massimino