martedì 4 settembre 2012

Il design eco-compatibile di Alisea alla 13ma Mostra Internazionale di Architettura

Gli ogetti comunicanti ideati e realizzati da Alisea - Art & Object Design sono stati scelti per il vernissage tenutosi il 28 agosto scorso all'esposizione "The Four Seasons. Architecture for the Made in Italy system from Adriano Olivetti to Green Economy", curata da Luca Zevi per il Padiglione Italia -Tese delle Vergini, Arsenale Venezia - all'interno della Mostra Internazionale di Architettura organizzata dalla Fondazione la Biennale di Venezia. A selezionarli lo stesso architetto urbanista, curatore dell'intero Padiglione, impegnato nella promozione di viali alberati del terzo millennio tramite l'arredo di grandi infrastrutture della mobilità. Per la Biennale è stato chiamato a rappresentare in modo innovativo e significativo il tema dell'architettura italiana contemporanea in rapporto allo sviluppo, alla sostenibilità ambientale e al rispetto per il territorio. Alisea, azienda associata alla rete di Change up!, è stata scelta perché in linea con questi temi: dal 1994 infatti si occupa di ricerca nell'ambito del riciclo e del riutilizzo, promuovendo un design etico che adotta materiali altrimenti destinati a diventare rifiuti. Ne escono progetti su misurua per la comunicazione aziendale volta al rispetto per l'ambiente. Per l'occasione ha realizzato portablocco in plastica riciclata da recupero di bottiglie per le bevande, penne provenienti dal recupero e dal riciclo di fanali di autovetture, blocco appunti in carta riciclata da maceri selezionati. La produzione è al 100% italiana, con filiera certificata dal marchio REMADE IN ITALY (ISO 14021) che garantisce e promuove i prodotti e i materiali italiani derivanti dal riciclo e dal riuso anche a livello internazionale.

lunedì 3 settembre 2012

Ridurre l’impronta idrica


L’acqua, l’oro blu, risorsa preziosa e non garantita a tutti; in alcune aree del pianeta è causa di guerre e conflitti.
La FAO ha stimato che una persona su sei ha meno di meno di 20 litri d’acqua dolce al giorno, quantità minima per garantire i bisogni primari.
La domanda di acqua aumenta di anno in anno. Gli stili di vita contemporanei, gli spechi, molte produzioni infatti fanno sì che si consumi più acqua delle reali disponibilità del pianeta. Si parla di “impronta idrica”, per indicare tutta l’acqua virtuale contenuta in ciò che acquistiamo: un valore che nasce dalla somma di diverse componenti. Quella più semplice da calcolare è l’impronta idrica “blu”: l’acqua d’irrigazione o quella prelevata dalle falde o dai bacini idrici che non viene re-immessa nel sistema idrico dal quale proviene. Poi c’è la grey water ossia quella quantità di acqua (teoricamente) necessaria ad abbassare il livello d’inquinante che i processi produttivi determinano (per una coltivazione, ad esempio, dipende dalla quantità di fertilizzante utilizzata). La componente più complessa da valutare è la green water – ossia l’acqua piovana evapo-traspirata – tipica della produzione agricola, che dipende dalle condizioni climatiche locali e dal tipo di specie coltivata.
Alcuni esempi: per produrre un pomodoro servono 13 litri di acqua, una fetta di pane 40 litri, 100 grammi di formaggio 500 litri, un hamburger 2400 litri d’acqua
Le scelte alimentari dunque incidono notevolmente sulle risorse di acqua. Il Barilla Nutrition Food Center ha calcolato che la dieta mediterranea ha un minore impatto in termini di consumo di risorse idriche e il consumo d’acqua virtuale giornaliero per alimentarsi può variare da circa 1500-2600 litri, se si sceglie una dieta vegetariana, a circa 4000-5400 litri in caso di una ricca di carne.