Industria e distribuzione possono collaborare sulla strada della sostenibilità? Se ne è parlato il 7 febbraio all’incontro organizzato da Legambiente nella sede centrale della Banca Popolare di Milano.
L’incontro, moderato da Luigi Rubinelli, Direttore di Retail Watch, si è aperto con le parole di Rossella Moroni, Direttore di Legambiente, che ha auspicato il consolidamento di un ponte che permetta un incontro fra i diversi attori della filiera in modo che insieme possano scrivere un pezzo di green economy. Il verde ormai deve essere il comun denominatore di una società consapevole, non è un optional ma l’unica strada da percorrere. E anche in un momento di crisi come quello attuale si deve individuare l’opportunità di crescita e miglioramento, di innovazione di prodotto, servizio, processo attuando una reale critica nei confronti dei paradigmi tradizionali. Questa non è una crisi ciclica ma sistemica ed è quindi necessario che tutti i cittadini collaborino alla costruzione di un nuovo sistema.
Il mercato si sta trasformando: il consumatore acquista meno e più spesso per eliminare gli sprechi , sceglie maggiore qualità e torna alle preparazioni domestiche. La stessa idea consumistica di eccesso equivalente a benessere, status symbol, oggi anche in Italia perde di significato. Uno dei problemi più urgenti resta ancora il packaging, eccessivo, poco smaltibile, non ecologico. Su questo fronte sono in atto progetti in collaborazione con le catene della grande distribuzione.
In tema di packaging è intervenuto Giuseppe Pastorino, Amministratore Delegato di Verallia che unisce le attività del Gruppo Saint-Gobain in questo settore, che ha illustrato le attività consolidate per ottimizzare il riciclo del vetro, materiale dalla lunga storia che già veniva riciclato in epoca pre-romana. L’azienda è inoltre impegnata nello sviluppo della filiera corta per ridurre i trasporti e ha reso gli stabilimenti intercambiabili in modo da soddisfare le esigenze dei mercati in continuo cambiamento.
Adolfo Valsecchi, Presidente di Mareblu ha tracciato lo sforzo nella direzione della sostenibilità dell’azienda. Un argomento delicato quello che riguarda la pesca. I mari oggi sono iper-sfruttati e molte specie sono a rischio estinzione, fra queste anche alcune specie di tonno. Un problema di non facile soluzione, considerando anche, come Valsecchi ha confermato, l’aumento della domanda da parte dei Paesi emergenti.
Giorgio Santambrogio, Direttore Generale di Interdis ha ammesso che la sostenibilità nella grande distribuzione non rappresenta ancora un vantaggio competitivo. Tuttavia sono in aumento le iniziative in questa direzione che promuovono anche il commercio equo-solidale e attività di sostegno ad Associazioni per divulgare i valori della solidarietà, del turismo responsabile e del rispetto dell’ambiente.
Un caso embematico è quello della birra Carlsberg che dal 2011 ha adottato un nuovo sistema di spillatura con fusti in PET riciclabile che non necessitano di anidride carbonica aggiunta. Un esempio di impegno nella ricerca verso soluzioni innovative nel segno della sostenibilità.
Importante la testimonianza di catene gdo come Coop, Conad e Unes che, in misura diversa, si sono orientate verso lo sviluppo della sostenibilità. Claudio Mazzini di Coop sostiene che la sostenibilità deve entrare nelle leve di governance delle aziende anche attraverso criteri come la scelta dei fornitori e ascoltando gli stakeholder. Il consumatore oggi è più consapevole e i dati lo dimostrano: la linea ViviVerde nel 2012 è cresciuta del 10% così come sono in aumento le vendite alla spina.
La maggiore attenzione e consapevolezza del consumatore è stata confermata anche da Antonio Longo, Presidente del Movimento Difesa del Cittadino. Il consumatore è l’anello forte della filiera e la sua spesa è sempre più consapevole. La scelta si basa oggi soprattutto sul prezzo e sulla qualità. La grande distribuzione non ha ancora raggiunto risultati soddisfacenti nella sua offerta di prodotti sostenibili e si individua una carenza nella comunicazione. Quest’ultimo è risultato essere uno degli aspetti su cui lavorare maggiormente. Tutti gli interventi infatti hanno fatto emergere la debolezza della comunicazione dei valori dei prodotti, delle scelte sostenibili ed ecocompatibili delle aziende. Il consumatore infatti fa ancora fatica a orientarsi fra le proposte e a percepirne il valore aggiunto. In un’epoca di grandi cambiamenti in cui si assiste alla contrazione dei consumi dovuta alla minore capacità di spesa dei consumatori, sta emergendo un nuovo orientamento verso la qualità piuttosto che la quantità. Si può dunque ipotizzare che le aziende dovranno modificare i paradigmi tradizionali. In particolar modo le aziende che vivono sui grandi volumi che consentono di calmierare i prezzi proprio in virtù della quantità e su una distribuzione diffusa, riusciranno a rispondere al contraccolpo del calo dei consumi o dovranno ripensare la loro struttura e quali effetti ci saranno sull’occupazione?
Silvia Massimino
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