Con la nascita del web 2.0 i contenuti hanno iniziato a diventare sempre più importanti e, stando alla diffusione dei social, sono ormai fondamentali. “Content is the king” è il presupposto perché i messaggi siano letti, apprezzati, diffusi, condivisi, viralizzati. Un panorama ideale per chi si occupa di sostenibilità, anzi per chi fa della sostenibilità il suo vessillo, la ragione stessa del suo essere imprenditore. Non soltanto per grandi aziende, ma anche per le tante virtuose medie aziende italiane, che possono vantare progetti tecnologicamente avanzati e meritevoli di attenzione e interesse. E che quindi vanno a nozze con il “re”. La sostenibilità è infatti regina di contenuti di valore che, se comunicati correttamente, possono fornire informazioni utilissime a stakeholder e shareholder di un’azienda. Ci sono realtà che per arrivare a realizzare un prodotto sostenibile, ossia a ridotto impatto ambientale, o che addirittura propone soluzioni (in termini di energia, rifiuti, scarti, sfruttamento suolo o animali umani e non…) hanno alle spalle anni di ricerca e quindi un sapere prezioso da condividere. L’utilizzatore finale del prodotto/servizio avrebbe a disposizione molte informazioni per muoversi con maggiore consapevolezza nelle sue scelte, apprezzare maggiormente i prodotti autenticamente eco-friendly, approfondire le sue conoscenze al di là di slogan o parole ormai fin troppo abusate (green, naturale ecc.). Le persone alle quali si rivolgono queste aziende (n.d.r. si abolisce volutamente la parola “consumatori”) sono molto interessate a sapere e anche molto attive in genere a divulgare le acquisite conoscenze; diventerebbero così “naturali” trendsetter e testimonial con un interesse esclusivamente etico. La circolazione di informazioni, inoltre, aiuterebbe a individuare con maggiore facilità materie e filiere sostenibili e ad accelerare un processo di networking fra possibili partner, agevolando anche i rapporti B2B. Dispiace, a chi lavora da anni nella comunicazione e sui temi ambientali, vedere che molte aziende devono la loro presenza sui social perché “ormai non se ne può fare a meno” e perché “ci sono tutti”, senza però utilizzarli in modo adeguato (a volte l’utilizzo è addirittura scorretto, con pochi post esclusivamente autoreferenziali o promozionali). I cambiamenti economici, politici, sociali e culturali cui stiamo assistendo davanti alla crisi del nostro vecchio mondo e alle trasformazioni in atto portano inevitabilmente a un’evoluzione e a una trasformazione delle vecchie professionalità e oggi il comunicatore deve rispondere a nuove esigenze, così come le aziende devono uscire dalla tradizionale concezione di comunicazione brand. Oggi per comunicare correttamente e, di conseguenza, efficacemente, si deve avere una preparazione approfondita della materia e unire il giornalismo di vecchio stampo (per intenderci quello del segugio capace scrivere in modo chiaro, fruibile, coinvolgente…) con le regole di SEO e ottimizzazione, lavorando in sinergia con i social manager. Solo così è possibile creare piani editoriali efficaci su obiettivi precisi e far sì che una voce di spesa (la comunicazione) per un’azienda diventi un investimento. Altrimenti si tratta di risorse e tempo buttato. Le aziende della sostenibiltà hanno grandi opportunità nella comunicazione social e digitale (che tra l’altro non ha i costi di una pubblicità cartacea!), proprio in virtù dei loro contenuti. Che, ci teniamo a sottolinearlo, necessitano di conoscenze specifiche del settore, altrimenti è alto il rischio di incoerenze (e ormai sappiamo che - giustamente - il “popolo del web” non perdona). Care aziende attive e impegnate nella sotenibilità, fate raccontare - da chi lo sa fare - le vostre storie, le ricerche, le scoperte, anche le fatiche verso questa nuova strada e troverete non soltanto “fan”, ma anche sostenitori e compagni di strada. Che aspettate?
Livia Negri, co-fondatrice Change up!